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Per essere spiriti liberi, ci vuole una certa disciplina

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venerdì 29 agosto 2008

La statistica

Avete mai pensato a quanto è statisticamente improbabile nascere esattamente nel luogo in cui si vuole vivere?

Il concetto di "sentirsi a casa" trascende i confini spaziali, è piuttosto una questione di emozioni che condividiamo con certe persone. A volte capita di sentirsi molto più in sintonia con qualcuno a cui magari è capitato di vivere dall'altra parte del mondo ma vibra per le nostre stesse inquietudini, insegue la nostra stessa chimera. Allora condividere anche solo un pò di tempo ci fa sentire terribilmente a casa, al sicuro, protetti da tutto quello che c'è la fuori.

Ed allora, in fondo al mondo ci un sacco di posti, come si fa a pensare di nascere proprio nel luogo più adatto a noi? Qualcuno magari ha avuto questa fortuna, molti altri semplicemente si sforzano di convincersi che sia così, come avere in mano un biglietto della lotteria e non voler controllare i risultati per non dover smettere di pensare di aver vinto.

Fino a qualche tempo fa, ero deciso a viaggiare il più possibile, per poi decidere dove vivere. Pensavo alla statistica ed ero convinto che più posti si vedono, più probabilità si hanno di trovare quello giusto. Un pensiero un pò radicale, lo ammetto, e difficile da sostenere alla lunga. Oggi mi rendo conto che l'influenza della società che mi circonda l'ha un pò affievolito ma come mi diceva oggi una persona di quelle che mi fanno sentire a casa: "si può stare un pò tranquilli, poi l'inquietudine sale e inizia il pensiero fisso. E' curiosità, bisogno di mettersi in gioco..."

martedì 26 agosto 2008

Rimango..ma..

Rimango antimilitarista, ma salendo a bordo della portaerei Midway, oggi un pò patetico museo ancorato nel porto di San Diego, in questa calda mattina di fine viaggio, mi sono immedesimato in uno dei quattromilacinquecento marinai che lasciavano tutto per rinchiudersi in questa scatola galleggiante. Dura la vita a bordo, incerto il futuro. Doveva servire, mi immagino, tanta convinzione o forse l'assenza di una prospettiva migliore..

You ask me why I live in the grey hills

You ask me why I live in the grey hills,
I smile but do not answer, for my thoughts are elsewhere.
Like peach petals carried by the stream, they have gone
To other climates, to countries
Other than the world of men.

Li Po

domenica 24 agosto 2008

Verde speranza

La prima volta che vedo l'autobus verde, che tanto familiare mi diventerà nel corso di questi tre giorni, sto camminando a passo veloce lungo i marciapiedi di San Francisco, due zaini in spalla, preoccupato dall'idea di essere in ritardo e trovare trentacinque persone che aspettano proprio me.

Poi arrivo all'appuntamento e non succede niente. Ognuno come preso da una differente attività, nessuno sembra avere fretta.

Colgo le prime parole, pronunciate in inglese con accento australiano; poi altre, l'accento stavolta è inconfondibilmente francese. Ognuno ha un accento diverso e questo mi mette subito di buon umore.

La prima sera il programma è il seguente: un'ora di viaggio fino alla prima stazione di servizio, rifornimento di birra, altre due ore di viaggio. Altro rifornimento, stavolta di carburante, e via verso il parco, con la promessa di una spettacolare alba sulla valle. Dormire? In autobus, appositamente trasformato in camper con un abile ruotare di cuscini ("the miracle", lo chiamano gli autisti).

La notte trascorre veloce, come del resto tutto il viaggio. Sarà per le piccole quotidiane attività da svolgere in gruppo (preparare i pasti, lavare i piatti, .. ), insomma sarà per la vita di comunità che riempie ogni momento. E poi trekking, nuotate nei laghi, falò&chitarre, notti sotto le stelle..

Il gruppo è eterogeneo, ci sono due diciassettenni francesi nella fase rockettara ma anche una famiglia americana atipica, di quelle che pensi che da grande vorresti essere proprio così (rispetto, libertà, semplicità nei rapporti umani ed una luce di intelligenza negli occhi). Qualche spirito libero - un ingegnere che ha appena mollato il lavoro e s'è preso una pausa di riflessione - qualcuno che vuole sembrarlo. E via così ..

Ci vuole un pò di tempo per affiatarsi con questi estranei così intimi, ma il tempo è compatto ed alla fine, quando ognuno riprenderà la propria strada, sicuramente dispiacerà salutarsi. Si creano rapporti semplici ed immediati, come quando non ci sente giudicati.

La mattina dell'ultimo giorno, quando torniamo a San Francisco, 7 di mattina, facce assonate, sembra incredibile che sia finita, che non ci sia un'ennesima colazione insieme, un altro viaggio in bus ed un appuntamento per il pranzo. Invece poco a poco torniamo alla realtà, per lo meno quella del viaggio.
Il telefono funziona, dopo giorni di isolamento in valle, all'Apple Store c'è una wireless da cui collegarsi a internet, palazzi intorno. Cerco la stazione della metro. La gente che mi circonda vive vite urbane e si preoccupa per un ritardo o una macchia sulla camicia. Soprattutto fa effetto non vedere più quelle facce estranee ma ormai così familiari..

Tre giorni di ritorno alle origini, fatti di diversità, confronto e scoperte. Semplicità.

sabato 23 agosto 2008

San Francisco, atto III

Lunedi mattina la citta è diversa, riflette l'ordine di una giornata lavorativa. Fa meno freddo e non piove. Mentre aspetto l'autobus riesco a collegarmi a internet e leggere la posta. Credo che sia la citta con più reti wireless per abitante al mondo.

Visito Chinatown in una giornata grigia che non preannuncia foto particolarmente belle. Ma più che la immagini vorrei poter trattenere i mille odori che si mescolano nell'aria. Mi aggrego alla visita guidata della City Guide. Il capo gruppo è un cinese di una cinquantina d'anni con un senso dell'umorismo tutto occidentale. Per pranzo invece mi affido ai consigli della Lonely Planet e finisco in un ristorante cinese (ovviamente) con più occidentali che orientali. Le guide turistiche riescono a cambiare il mondo.. (cibo ottimo pero, la fama è meritata).

Alle cinque sono stanco e devo ancora digerire il pranzo. Un dispettoso sole ha deciso di splendere proprio adesso, quando ormai ho percorso i 24 isolati di Chinatown in lungo ed in largo, nella speranza che un raggio improvviso mi regalasse l'opportunita di un bello scatto. E invece niente fino ad adesso. Provo a salire su un bus in direzione del centro culturale di Yerba Buena, ma tutte le volte che ne arriva uno sembra l'assalto alla diligenza. Dubito che quei signori penzoloni dalla porta posteriore abbiano pagato il biglietto, ma questa e un'altra storia. Non mi resta che percorrere a piedi Stockton St., passare il tunnel e raggiungere Union Square. Il cielo e' ancora sereno e un'idea rivoluzionaria inizia a maturare. Ma chi se ne frega del centro culturale? Il museo di arte moderna l'ho visto stamani (e non era neanche eccezionale) ed anche se mi perdo qualcosa, pazienza. E poi tanto nessuno lo verra' a sapere.

Mi sdraio su un'aiuola della piazza con un fido cafe mocha al mio fianco e mi metto ad osservate la vita che scorre. C'è un gruppetto di bulletti adolescenti che invece dei motorini cavalcano le bici da corsa. Quando se ne vanno apro il libro e mi godo questa piccola rivoluzione. Chi l'ha detto che non si possa scoprire una citta stando sdraiati su un'aiula?

Quando mi alzo ormai è ora di andare a prendere l'autobus e cominciare l'avventura Yosemite con la Green Tortoise. Percorro ancora Market St. che ormai mi è familiare come Piazza Duomo a Firenze. Passo davanti al Four Season hotel coi pinguini vestiti da uscieri e sorrido per la situazione. Non che sia habitué del Four Season ma per lavoro m'è capitato spesso di alloggiare in hotel ti questo tipo, coi pinguini fuori. E mi ci son sempre trovato a mio agio. Così come ora mi sento a mio agio a passarci davanti zaino in spalla, diretto a prendere l'autobus verde. Guardo i pinguini e sorrido. Si può diventare grandi senza pero' rassegnarsi a invecchiare..

martedì 19 agosto 2008

San Francisco, atto II

Torno da caffeine a far colazione. Posto simpatico gestito da una coppia di ragazze asiatiche, riunisce una summa dei personaggi del quartiere, giovani e meno giovani. Uno di quei posti dove ci si sente a proprio agio come nel salotto di casa.
Ordino un espresso, una fetta della torta che avevo adocchiato ieri (credo che sia proprio LA STESSA torta..) e mi siedo sul divanetto a sfogliare il New York Times. L'articolo in prima pagina nella sezione viaggi è Spain's wild coast, costa brava. E giù un una serie di foto di Cadaques. E' un mondo decisamente globale..

Prendo l'autobus per la North Beach. Era veramente tanto tempo che non salivo su un autobus e mi colpisce immediatamente la varietà di persone che si incontrano ed il contatto, l'interazione che naturalmente si crea.

All'angolo fra Columbus e Jack Kerouac Alley c'è la libreria City Lights, ritrovo della beat generation. Entro e salgo al primo piano, nella poetry room, dove in uno scaffale su cui campeggia il cartello beat generation sono stati raccolti tanti libri importanti. Ma Garcia Lorca era un poeta beat? No, decisamente no, ma qualche suggestione commerciale si può, in fondo, tollerare..
Scorrendo fra i titoli ritrovo alcuni dei miei libri preferiti, di quelli che suscitano un'emozione o uno stato d'animo; li prendo in mano ed inizio a sfogliargli. Un giorno dovrei decidermi a ricercarli in casa e raccoglierli tutti insieme, in un luogo riparato dall'apatia del quotidiano.

Mi rimetto in marcia verso il Fisherman's Wharf, dove noleggio una bici con cui attraversare il Golden Gate. Lunga la strada incontro gente di ogni tipo e questa mi sembra l'essenza di un posto come questo, dove ognuno ha diritto di sentirsi adeguato perché nessuno in fondo è normale.

La sera vedo Barack Obama.
Non è un'apparizione ma un frammento di volto che schizza veloce nell'auto in corsa per le discese della città, preannunciato da uno stuolo di poliziotti e una grande agitazione.

lunedì 18 agosto 2008

San Francisco, atto I

Mi alzo ad un'ora che sembra uno scherzo e mi metto in cammino per l'aeroporto, scorrendo veloce lungo le strade notturne, incrociando ora gente che parte, ora gente che torna a casa. Mi viene in mente la canzone di Jovanotti e mi sembra un bel modo di iniziare il viaggio.

La città mi rivela la sua intimità notturna. L'aria e' quasi fresca, la notte a Houston e' l'altra meta della storia, quella che pochi conoscono. Anche il grande aeroporto internazionale sonnecchia, ma efficientemente.

L'aereo per Phoenix e' di quelli piccoli, dove la gente sembra conoscersi per nome. Finisco accanto ad un russo un po' in ritardo sulle tendenze in fatto di abbigliamento. Sfidando il tempo che passa, lui sfoggia una camicia hawaiana anni ottanta. Appena dopo il decollo le luci si abbassano e l'areo sprofonda nel sonno.

Arrivo a Phoenix che sono di nuovo le sei del mattino e sono circondato da persone diverse ma con le stesse facce assonnate. Scherzi di un paese con troppi fusorari.

Viaggiando da soli ci dobbiamo sforzare di essere piu' recettivi ed aperti; si aprono i sensi e si percepisce in maniera molto più profonda l'ambiente che ci circonda. Si incontra molta più gente anche. Si viaggia, fra la gente. Sono le persone le vere scoperte.

Appena in aeroporto noto una ragazza che volava sul mio stesso volo, anche lei in viaggio da sola e con uno zaino da viaggio del mio stesso colore. Ti riconosci subito, viaggiatori in mezzo alla gente, e la simpatia scatta spontanea. Scambiamo racconti, impressioni e programmi di viaggio.

Poco più tardi incrocio anche con una coppia di italiani. Ci troviamo a condividere il dramma di comprare i biglietti della metro, qualche parola e poi li vedo scomparire all'orizzonte con i loro tre valigioni verdi fosforescenti, che ovviamente porta solo lui, mentre a lei tocca una borsetta..

San Francisco mi accoglie con la nebbia, un bel freschino da Novembre fiorentino ed una valanga di italiani per le strade.

Mi colpiscono ancora le persone, in questa prima tappa di un viaggio che ormai sembra essere sopratutto umano.

Dopo poco, vicino ad Union Square, incontro due ragazzi di Firenze che conosco (tanto incredibile da sembrare normale). E poi al mercato dei prodotti agricoli Jorge, che mi avvicina mentre faccio foto alla sua bancarella e mi chiede di mandargli le foto. Mi ha scambiato per un fotografo professionista e la cosa mi lusinga, ovviamente.

Per cena scelgo il ristorante tailandese "vicino casa". La cucina thai mi piace e porta con se bei ricordi, ci dovrei andare più spesso.

sabato 16 agosto 2008

Stile messicano

Proprio prima di partire el maya ci invita a casa sua per una cena "stile messicano".
Serata molto piacevole, arricchita dall'emozione di entrare nell'intimità di una persona che avevo sempre frequentato in altri contesti; infine conoscerne la famiglia e lo stile di vita.

La sorpresa è stata la cena. Uomini a tavola e donne a mangiare in cucina. Stile messicano?

mercoledì 13 agosto 2008

Citazioni opportune

M'è capitata sotto gli occhi apparentemente per caso:

"La prima volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che io e mia moglie ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prenderò la briga di parlare, sennonché ebbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto. Con l'arrivo di Dean Moriartry ebbe inizio quella parte della mia vita che si potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada. Prima di allora avevo sempre sognato di andare nel West per vedere il continente, sempre facendo piani vaghi e senza mai partire. Dean è il tipo perfetto per un viaggio perché nacque letteralmente sulla strada, quando i suoi genitori passarono da Salt Lake City, nel 1926, in un vecchio macinino, diretti a Los Angeles."

lunedì 11 agosto 2008

Il futuro è scritto..

..e questa volta ne sono contento.
Oggi ho finito l'organizzazione del viaggio: spulciate le guide, letti i racconti su internet, presi i biglietti, trovati gli ostelli, individuati i don't-miss sights e infine scelto il libro da portare con me. Sono pronto per indossare lo zaino, viaggiare verso ovest e scoprire a California.

La parte più difficile è stata la selezione delle mete, in modo che l'equazione giorni disponibili/posti da visitare avesse una soluzione nel mondo reale. Ancora una volta la Lonely Planet mi ha un pò deluso: gli autori si intestardiscono nel volere trovare qualcosa di positivo in ogni località, mai una critica, il che è lodevole, ma non aiuta a farsi un'idea di cosa valga veramente la pena vedere.
Internet molto meglio, quest' articolo per esempio è stato illuminante, un colpo di fulmine. Ho subito chiamato la tartaruga verde per prenotare un posto per la gita-hippie a Yosemite: tre giorni in autobus, pasti in comune e notti sotto le stelle. Prima e dopo Yosemite, San Francisco e San Diego. Scarpe buone, zaino in spalla e macchina fotografica in pugno.


Tutto pronto. Devo solo aspettare che questa settimana di lavoro finisca...

domenica 3 agosto 2008

Qualcosa si muove..

Sabato sono stato alla White Linen Night in the Heights. Ecco alcune immagini da una Houston decisamente controcorrente:





Oggi ho venduto la moto..

.. ed è stata un'occasione per riflettere sul significato degli oggetti che ci circondano o ci appartengono.

Alcuni oggetti sono oggetti, nel senso di soggetti inanimati, cose. Altri hanno un significato più profondo, rappresentano un'idea, ci accompagnano nel nostro personale viaggio verso la felicità, ed in questi casi costa separsene, perchè con essi se ne va un pezzo di noi. E si chiude un'epoca.

Ma è giusto così, guardare avanti, fare spazio perchè nuove emozioni possano occuparlo..


Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un'automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un'automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.

(Filippo Tommaso Marinetti, Manifesto del Futurismo)

Porkopolis

“Between the late 1820's and mid 1830s, Cincinnati’s easy access to river transport and farmland facilitated the city’s development as the United States’ chief pork processing center. With pigs transported off ships and herded in the streets, the name Porkopolis became commonplace during the late 1820's. Although the pork packing industry was a source of financial wealth, the images of pigs wandering the streets at times caused embarrassment for the local area..”

Maiali a parte, ecco cosa si può scoprire in tre giorni a Cincinnati:

- Il quartiere un pò bohemien di Mt. Adams.

- I ponti ferro, fra il moderno e l’ottocentesco.

- Newport, il nuovo complesso dedicato ai divertimenti, con tanto di autentica birreria bavarese (anche se il menù si è poco a poco trasformato e adesso include, ad esempio, i “Chicken Fingers German Style” che dubito si trovino in Baviera..)

- Le strade vicino al fiume puzzano di pesce.

- I locali si dilettano in un gioco a squadre chiamato “Cornhole”, dimostrando la loro abilità nel tirare piccoli sacchetti pieni di mais. E lo prendono molto, molto sul serio.

Insomma, più giri qui negli States e più ti rendi conto della fortuna che abbiamo noi europei..

venerdì 1 agosto 2008

Prendere e partire

Organizzare un viaggio è quasi bello quanto viverlo.
Ieri sera mi sono seduto a bordo vasca e, fra gli schizzi dei pargoli che si tuffavano e gli schiamazzi dei genitori che li incitavano, ho cominciato a leggere storie e racconti sui luoghi che visiterò nel mio agognato prossimo viaggio in solitaria. Fra conferme e sorprese, è stato un pò come essere lì. La salivazione è iniziata ad aumentare, il battito cardiaco è salito ed ho iniziato ad avere visioni di luoghi magici popolati da animali mitologici. Come questo:

Direi che sono pronto a partire..