Arrivo molto soft, ci accoglie un cartello all'uscita dell'aeroporto che recita pressapoco cosi: "caro Daniele benvenuto a Istanbul". Che dire?
Viaggio veloce fino all'hotel e accoglienza molto cordiale, con Ayse che ci offre un tè e ci consiglia cosa vedere in città; allora saliamo a lasciare gli zaini in camera e partiamo per un giretto perlustrativo di Sultanahmet - giusto per perdersi subito appena arrivati, seguendo il consiglio di una buona guida, secondo la quale "Per comprendere meglio l'atmosfera bianca e nera di Istanbul, che accentua questo senso di tristezza e lo rende inesorabile, quasi fosse un destino comune a tutti gli abitanti, è necessario atterrare qui da una ricca città occidentale e mettersi a girare subito per le strade affollate, oppure andare sul ponte di Galata, che è il cuore di Istanbul, e vedere la folla di persone che vagano qua e la con gli abiti sempre di un colore anonimo, pallidi, grigi, ombrosi" (Orhan Pamuk).
Cena gentilmente offerta dal ristorante dell'hotel con ambiente e clientela molto occidentale e cucina ricercata ("turca moderna", si dice) ma al di sotto delle aspettative. Altra passeggiata prima di andare a letto e per oggi è tutto.
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Per essere spiriti liberi, ci vuole una certa disciplina
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Per essere spiriti liberi, ci vuole una certa disciplina
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venerdì 26 dicembre 2008
L'arrivo a İstanbul
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