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Per essere spiriti liberi, ci vuole una certa disciplina

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lunedì 19 gennaio 2009

Quarto giorno, detto anche di Hakan Sükür

Se lo sport avvicina i popoli, il calcio li fonde proprio. E allora può succedere che il cameriere conosca a memoria tutti i calciatori turchi passati dai campionati esteri ed in particolare Hakan Sükür, il toro del Bosforo, attaccante del Torino nella stagione 1995/1996. Alla parola "Italia" attacca a ripetere "Hakan Sükür! Hakan Sükür!" e bastano un paio di battute per fare amicizia. Come premio, vinciamo un tour della cucina con spiegazione illustrata del menu. Il cuoco ridacchia sotto i baffi.

Per arrivare fino qua partiamo da una mattina spesa in Asia, ovvero sull'altra sponda del Bosforo. Prendiamo un traghetto dal molo due di Eminönü ed in venti minuti siamo a Kadiköy, Asia. Magie di una città a cavallo fra due continenti. Come ci aveva anticipato Ayse in hotel, su questa sponda l'atmosfera è ancora diversa e forse definitivamente turca. Pochissimi turisti, qualche pendolare di fretta, tante facce rilassate. Risaliamo la collina lungo una delle strade principali, dove case in legno in stile ottomano si alternano ad edifici moderni, finché non scopriamo un negozio di cianfrusaglie che vende alcuni pezzi della nostra storia recente: telefoni a disco, il Gameboy, macchine fotografiche completamente meccaniche, joystick per la vecchia playstation e via dicendo. Sto per comprare un vero finto Rolex "Daytona" ma Dario per fortuna mi ferma. Alla fine usciamo a mani vuote nella strada leggermente imbiancata dalla neve, che cade ininterrottamente dalla mattina (ma non si decide ad attaccare).
Svoltiamo a destra e continuiamo a salire. Ci fermiamo a prendere un çai in un caffè dall'aria moderna, gestito da due giovani che non resistono alla tentazione del solito gioco di prestigio: un çai 2 lire, due çai 5 lire. Va bene la cortesia di chi è ospite in un paese straniero, ma questo giochino ci ha un pò stufato; da adesso cominceremo a chiedere chiarimenti sui conti con "maggiorazione turistica".
Scendiamo fino all'imbarcadero all'ora perfetta per un dürüm kebap di agnello a una bancherella del porto. A pancia piena, siamo quasi pronti alla traversata di ritorno quando ci imbattiamo nel mercato alimentare. Scatto una ventina di foto ai banchi del pesce suscitando reazioni contrastanti fra gli ambulanti.

Torniamo al ponte di Galata, prendiamo un altro çai davanti alla moschea nuova e quindi ci separiamo: Dario torna in hotel ed io faccio un altro giro. Entro nella moschea, ormai affascinato dall'architettura religiosa turca, quindi ripercorro il bazar delle spezie e dall'uscita risalgo al Grand Bazar attraverso le vie del quartiere di Tahtakale. Arrivo in cima alla collina giusto in tempo per un paio di scatti del bazar al tramonto, quindi ripiego su Divan Yolu e mi dirigo all'hotel. Pensando di far cosa breve passo per la vıa SoğukÇeşme che ormai da giorni mi promettevo di vedere e finisco per farmi trattenere dal fascino notturno della Caferağa Medresesi. Nel porticato di questa scuola religiosa, restaurata e trasformata in laboratorio artigiano, sono in vendita alcuni prodotti tradizionali ottomani. Dopo aver fatto una cinquantina di scatti notturni mi sento obbligato a fare un paio di piccoli acquisti.

La sera saliamo a Beyoglü per una birra in un locale sorprendentemente intrigante, il Cafè LeMan, e la cena da Hacı Abdullah, in cui conoscere Hakan Sükür si rivelerà inaspettatamente prezioso. La cena è deliziosa ma, anche se la guida sostiene che il locale è "frequentato in massima parte da turchi", siamo circondati da italiani: per il futuro ci promettiamo di evitare il più possibile i posti consigliati dalle guide.

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