---------------------------------------------------

Per essere spiriti liberi, ci vuole una certa disciplina

---------------------------------------------------

domenica 25 gennaio 2009

Sesto giorno

I postumi della notte precedente vengono velocemente cancellati e la città si rimette in moto coi suoi ritmi abituali. Fortunatamente Dario frena i miei slanci esplorativi e decidiamo di dedicare la giornata di oggi ad una passeggiata rilassante. Per la prima volta usciamo senza guida - in ogni viaggio c'è sempre un giorno in cui si ripete questa magia - e cominciamo a camminare, con una sensazione mista di familiarità e incoscienza. Il sole che per la prima volta si è deciso a comparire fa assumere alla città colori del tutto nuovi.
Yeni Camii, ponte di Galata, mercati, Divan Yolu: luoghi ormai abituali in cui camminare, lasciandosi guidare solo dalla curiosità e dall'ispirazione del momento. Per la prima volta ci fermiamo a chiedere i prezzi degli oggetti in vendita, sottolineando con sorrisi o smorfie del viso le nostre reazioni. Poi esausti, ci rilassiamo con un succo di melograno seduti a dei tavolini piazzati in mezzo di strada.

Scendiamo verso la piccola Aya Sofya ed il paesaggio urbano cambia completamente. Vecchie case di legno, alcune ristrutturate ma molte cadenti, bambini che giocano in strada, panni appesi alle finestre. Si respira l'aria di una Istanbul più autentica a poche centinaia di metri dalle affollatissime zone turistiche.
Per dirla con le parole di Orhan Pamuk "La sporcizia delle strade secondarie, il tanfo emanato dai bidoni della spazzatura, i buchi, le salite e le discese interminabili sulle vie e i marciapiedi, tutto quel disordine, quel caos e quel subbuglio che fanno di Istanbul la vera Istanbul".

Risalendo pranziamo (sono quasi le 17, si potrà chiamare pranzo? Ormai i nostri ritmi sono completamente stravolti..) da un cerimonioso Karadeniz in versione "vecchio pagliaccio", che con una dimostrazione pratica ci spiega il significato dell'igiene in turco: un cameriere per spalmare del burro su una focaccia che ci ha appena portato la prende con le mani, l'appoggia sul tavolo ed inizia a ungere.

Alle 22 usciamo di nuovo alla ricerca di cibo - parlare di fame sarebbe obiettivamente fuori luogo - e proviamo un piccolo ristorante con una grande fama: Akdamar. Un caso evidente di come le recensioni di altri viaggiatori a volte possano essere piuttosto soggettive. Accettiamo comunque di buon grado questo piccolo contrattempo, anche in virtù della reale simpatia del buon Nasir (e di un ottimo Adana Kebap).

Nessun commento: