Un anno che finisce porta in archivio tutta una serie di esperienze, persone e sensazioni ed allo stesso tempo preannuncia una nuova epoca di incontri e sorprese, per chi abbia ancora voglia di farsi sorprendere. Lasciamoci allora affascinare dai cicli della vita, congedandoci da questo 2008 che è stato, a suo modo, indimenticabile...
Per essere spiriti liberi, ci vuole una certa disciplina
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mercoledì 31 dicembre 2008
Hoşça kal 2008
sabato 27 dicembre 2008
Primo giorno in città
Iniziamo con una colazione turca: stesso ristorante dello stesso hotel, stessa impressione della sera precedente.
Prima tappa della giornata, la Sultanahmet classica: Aya Sofya e moschea blu. Tantissime foto nella prima, un pò di sincera emozione nella seconda; entrare in una moschea è come essere invitati a casa di qualcuno che si conosce ancora poco, solo che questo qualcuno è tutto un mondo.
Pranzo a base di kebap, nel posto sbagliato perché i nomi qui sono veramente tutti simili. In seguito scopriremo che a fianco del ristorante originale, pluri-citato sulle guide turistiche, sono spuntati nel tempo tutta una serie di emulatori con i nomi ingannevolmente simili. Evidente esempio delle tattiche di guerriglia commercio-turistica assai frequenti a Istanbul.
Per digerire ricominciamo a camminare, scendendo fino al mar di Marmara e percorrendo tutte le mura del palazzo Topkapi fino alla stazione ed al ponte di Galata, che ci accoglie con una distesa ordinata di lenze ed il profumo dei panini al pesce. Lo attraversiamo, ma solo per il tempo di gettare un' occhiata fugace alla Istanbul moderna, dove realmente le facce sembrano diverse.
Fermano Dario per chiedergli da accendere, per poi dirgli "scusami, pensavo fossi turco" una volta accortisi che siamo stranieri.
Tornando a casa passiamo involontariamente dal mercato delle spezie e ci fermiamo a prendere un tè in un posto carino, Hafiz Mustafa Şekerlemeleri, senza sapere che fosse segnalato sulla guida. Quindi per concludere la giornata, cena a base di Köfte, polpette, sulla via principale del quartiere, sovraffollata di turisti. Al ritorno scendiamo sotto Aya Sofya e troviamo un quartiere irreale, fatto di ostelli, locali e negozi di souvenir, che senza turisti in giro turisti assume un'aria spettrale.
Saliamo furtivamente sulla terrazza dell'hotel per due foto notturne.
venerdì 26 dicembre 2008
L'arrivo a İstanbul
Arrivo molto soft, ci accoglie un cartello all'uscita dell'aeroporto che recita pressapoco cosi: "caro Daniele benvenuto a Istanbul". Che dire?
Viaggio veloce fino all'hotel e accoglienza molto cordiale, con Ayse che ci offre un tè e ci consiglia cosa vedere in città; allora saliamo a lasciare gli zaini in camera e partiamo per un giretto perlustrativo di Sultanahmet - giusto per perdersi subito appena arrivati, seguendo il consiglio di una buona guida, secondo la quale "Per comprendere meglio l'atmosfera bianca e nera di Istanbul, che accentua questo senso di tristezza e lo rende inesorabile, quasi fosse un destino comune a tutti gli abitanti, è necessario atterrare qui da una ricca città occidentale e mettersi a girare subito per le strade affollate, oppure andare sul ponte di Galata, che è il cuore di Istanbul, e vedere la folla di persone che vagano qua e la con gli abiti sempre di un colore anonimo, pallidi, grigi, ombrosi" (Orhan Pamuk).
Cena gentilmente offerta dal ristorante dell'hotel con ambiente e clientela molto occidentale e cucina ricercata ("turca moderna", si dice) ma al di sotto delle aspettative. Altra passeggiata prima di andare a letto e per oggi è tutto.
mercoledì 24 dicembre 2008
Un viaggio iniziato tanto tempo fa
Aprile 2003, un autobus scassato dondola lungo la strada fra Marrakech e El Rachidia.
Sono seduto accanto al Duzzo, durante quello è stato probabilmente il più bel viaggio che abbia mai fatto, meravigliosa alchimia di luoghi, incontri e stati d'animo. Dibattiamo sul significato del viaggiare, sulla ricchezza che si condivide e sul legame che si crea fra compagni di viaggio: amici, genitori, fratelli. Ecco, fratelli. Che bello - si diceva - fare un viaggio fra fratelli, chissà che un giorno non si possa davvero realizzare ...
Dicembre 2008, un aereo verso Istanbul scansa le nuvole per portarci a destinazione, a continuare quel viaggio iniziato tanto tempo fa ...
Come a teatro
Alla fine dell'ultimo atto sfilano gli attori ed è bello rivedere le facce delle persone che ti sono state vicine.
lunedì 22 dicembre 2008
Stanotte...
...ho dormito male, avevo voglia di vomitare e non sapevo se fosse per quello che avevo mangiato o per le parole che avevo sentito. Capita che le persone ci dicano cose che ci colpiscono così duro che è come se dentro di noi morissero. Per quanto fossero state importanti, spariscono dal nostro universo, insieme ad una parte della nostra vita. Capita, ma non si è mai preparati abbastanza. E quando si è colpiti alla stomaco così duro, viene una gran voglia di vomitare...
martedì 16 dicembre 2008
Carciofi azzurri
"Il fondo della piscina era di un azzurro soffice, a causa delle file di mattonelle che si ripetevano a intervalli precisi. Dieci file bianche ed una azzurra, con regolarità lungo tutta la vasca. Quella sensazione di colore diffuso lo tranquillizzava facendolo sentire, fra una bracciata e l'altra, come su un altro pianeta. La realtà della superficie sfumava nell'azzurro del fondo. E poi quel succedersi di forme geometriche, che si combinavano con il tempo scandito dalla respirazione, lo tranquillizzava. Mentre i polmoni si dilatavano per accogliere più aria possibile, la mente era concentrata sulla fine della corsia, l'orizzonte dello sforzo presente ed allo stesso tempo l'inizio del successivo.
Fu in tutto questo azzurro che realizzò improvvisamente, ed in maniera un pò inappropriata, l'immagine del carciofo, sentendosi in fondo in sintonia col faticoso vegetale. Un guscio duro da aprire con pazienza; un interno tenero che poco a poco si lascia spogliare della sua corazza protettiva. Si sentì carciofo, un carciofo sospeso nell'azzurro che lo circondava."
de tierno corazón
se vistió de guerrero,
erecta, construyó
una pequeña cúpula,
se mantuvo
impermeable
bajo
sus escamas,
a su lado
los vegetales locos
se encresparon,
se hicieron
zarcillos, espadañas,
bulbos conmovedores,
en el subsuelo
durmió la zanahoria
de bigotes rojos,
la viña
resecó los sarmientos
por donde sube el vino,
la col
se dedicó
a probarse faldas,
el orégano
a perfumar el mundo,
y la dulce
alcachofa
allí en el huerto,
vestida de guerrero,
bruñida
como una granada,
orgullosa,
y un día
una con otra
en grandes cestos
de mimbre, caminó
por el mercado
a realizar su sueño:
la milicia.
En hileras
nunca fue tan marcial
como en la feria,
los hombres
entre las legumbres
con sus camisas blancas
eran
mariscales
de las alcachofas,
las filas apretadas,
las voces de comando,
y la detonación
de una caja que cae,
pero
entonces
viene
María
con su cesto,
escoge
una alcachofa,
no le teme,
la examina, la observa
contra la luz como si fuera un huevo,
la compra,
la confunde
en su bolsa
con un par de zapatos,
con un repollo y una
botella
de vinagre
hasta
que entrando a la cocina
la sumerge en la olla.
Así termina
en paz
esta carrera
del vegetal armado
que se llama alcachofa,
luego
escama por escama
desvestimos
la delicia
y comemos
la pacífica pasta
de su corazón verde.
sabato 6 dicembre 2008
Musica
Mettere le mani nella polvere del passato é il miglior modo per capire il futuro.
Oggi ho iniziato a curiosare fra i cd accumulati sullo scaffale della mia vecchia cameretta. Ormai da tempo ho smesso di avere cd, superati dalla praticità degli mp3 che mi accompagnano tutto il giorno, sul computer e sul telefono, e non potrei tornare indietro. Ma il fascino fisico dei cd rimane intatto, così come l'effetto stratificazione geologica, attraverso la quale ripercorrere tutte le tappe di un'evoluzione musicale. Partendo dalle prime compilation, quelle fatte quando i masterizzatori di cd avevano lo stesso fascino degli eroi del futuro. Poi gli album dei Litfiba da ascoltare prima e dopo i concerti al palazzetto dello sport, Bob Marley e la fase della consapevolezza giovanile. Passando per le colonne sonore di vecchi film - City of Angels, Trainspotting, Million dollar Hotel. Poi la scoperta di Tracy Chapman e Paolo Conte, parole e sogni condivisi ai tempi dell'università, e tutti gli album degli U2. Più tardi l'intramontabile Miles Davis, Charlie Parker e Coltrane, la scoperta del Jazz, per arrivare agli spagnoli - Los Delinquentes, Manolo Garcia, Joaquin Sabina, Antonio Vega - e gli argentini - Fito Paez, Las Pelotas, Jorge Dextler - ricordo del mitico viaggio in cui nacque la passione per quel paese stupendo.
Tutto si rimescola, qualcosa viene irrimediabilmente relegato dietro, qualche album mi si incolla alle mani chiedendomi di portarlo con me e verrà accontentato, in barba agli mp3. Dopo tutto questa è il passato, il miglior modo per capire il futuro..
Ah dimenticavo! La colonna sonora di questo viaggio nel tempo non poteva che essere Miles David ed il suo splendido Kind of Blue. Passato, presente e futuro..
Q
Quello che cerco non l'ho ancora trovato. Ma so cos'è; ed in questo modo sarà senz'altro più facile riconoscerlo quando finalmente mi capiterà di incontrarlo.
(certi libri ci inducono naturalmente alla riflessione. E dico 'inducono' per esser neutrale, ma dovrei dire obbligano o aiutano a seconda degli stati d'animo. Stasera per esempio mi sento aiutato, come dalla voce rassicurante di un vecchio amico).
martedì 2 dicembre 2008
Le persone giuste
Che faticoso essere felici, con tutte le riflessioni che comporta, e che difficile trovare le persone giuste. Perderle invece è un attimo, per la loro stessa natura indipendente.
Durante i miei viaggi mi sono chiesto spesso se le stia veramente cercando, se lo faccia nel modo giusto e se sappia, in fondo, qual’è il modo giusto. Nelle sere di felicità, mi ha assalito il dubbio che la risposta sia no, ma i viaggi sono comunque momenti importanti, in cui ne ho incontrate alcune. Momenti di avvicinamento e perdita, forse troppo veloci e confusi, ma che ti fanno sentire vivo.
sabato 29 novembre 2008
Pripiat...
... ovvero uno dei tanti tristi pezzi di storia recente che rischiamo di dimenticare, ma che ogni tanto riaffiorano grazie a un libro o una foto che capitano fra le mani. E la curiosità fa il resto..
venerdì 28 novembre 2008
La bellezza
Ancor più della bellezza, era il suo fascino a colpirmi. Lo sentii in tutto il corpo, come una corrente elettrica. A volte succede per strada. Si incrocia lo sguardo di una donna e ci volta con la speranza di incrociarlo di nuovo. Senza neanche chiedersi se quella donna è bella, com'è fatto il suo corpo, quanti anni ha. Solo per quello che passa attraverso lo sguardo in quell'istante: un sogno, un'attesa, un desiderio. Tutta una vita possibile.
giovedì 27 novembre 2008
Mete
Se a un uomo venisse concessa la possibilità di un unico sguardo sul mondo, è Istanbul che dovrebbe guardare.
mercoledì 26 novembre 2008
Pescare
Ogni giorno sentivo la necessità di allontanarmi per un pò dagli esseri umani. Rigenerarmi nel silenzio. Pescare era secondario. Solo un omaggio da rendere a questa immensità. Lontano, al largo, imparavo di nuovo l'umiltà. E tornavo a terra sempre pieno di bontà per gli uomini.
lunedì 24 novembre 2008
Piccolo mondo
Quella mattina di fine novembre, con il sole che creava una trama di ombre fredde sulla banchina della stazione, si rese conto che per troppo tempo aveva vissuto nel piccolo mondo di relazioni umane che si era creato. Era un territorio facile, che gli garantiva le piccole soddisfazioni necessarie a sentirsi vivo, senza mai obbligarlo al confronto con la realtà in lotta la fuori.
Improvvisamente, come il viaggiatore che esce da un lunga galleria e vede la luce dura illuminare le cose, sentì di avere la forza ed il tempo per quel confronto. E soprattutto la voglia. E la necessità.
martedì 18 novembre 2008
Chi
Chi ama la vita, adora gli incontri. Incontri casuali, improbabili, veloci, sorprendenti. Quando l'altra persona se ne va o semplicemente sparisce dalla vista - perché in un certo senso gli incontri che ti lasciano di più sono proprio quelli che non hanno un seguito - ti rimane quella sensazione che il mondo sia prima di tutto un posto interessante e ricco di opportunità di sorprendersi, per chi ne abbia voglia. Incontri che finiscono nel nulla ma che nulla pretendono, persone che senza rendersene conto significano qualcosa nella nostra vita.
Un volo cancellato ed ecco nascere una piccola avventura da condividere con due compagni improvvisati. Dionisis, giovane manager della moda che rimpiange Milano e si dibatte nella piccola Firenze. Manuel, ragazzo simpatico che non riesce a togliersi dosso l'immagine di ingegnere informatico impacciato e fuori luogo. Due persone decisamente su un altro pianeta, due incontri piacevoli di quelli - pensavo io - senza un seguito. Fino a che Dionisis non estrae il portatile, si connette e mi aggrega a Facebook. Sembra proprio che mi toccherà cercare di fargli cambiare idea su Firenze..
sabato 15 novembre 2008
Come Jean-Baptiste
Dopo diverso tempo passato dietro a faticosi libri in lingua originale e complicati saggi di management, è un piacevole romanzo poliziesco ambientato a Parigi la mia lettura degli ultimi giorni. Il protagonista, il commissario Jean-Baptiste Adamsberg, è un personaggio sfuggente di cui dicono "...se fosse stato una donna avrebbe potuto amare Adamsberg e disperarsi di trovarlo inafferrabile. Ma era il classico tipo che forse era meglio non avvicinare. Oppure bisognava imparare contemporaneamente a non disperarsi di non riuscire ad afferrarlo."
Oggi mi trascino il commissario per aeroporti e stazioni - i luoghi al mondo dove mi sento più a mi agio in assoluto, perchè qui la gente esce dal proprio guscio, si mette in gioco e se ne ha il coraggio fa incontri interessanti - e pensandoci mi sento un po come lui, inafferrabile e, in fondo, forse da non avvicinare. Non che mi consideri una persona eccezzionale ne eccessivamente sicura di sé, come mi è stato detto in passato. E neppure è un atteggiamento da ostentare - credo, ma qualcuno potrebbe non esser d'accordo e quindi parliamone- ma semplicemente questo è sempre stato il mio modo di attraversare la vita. Osservatore discreto, caparbiamente curioso, libero per natura. Inafferrabile forse, ma non per scelta, per necessità..
domenica 9 novembre 2008
Momenti
Quando ti succede qualcosa di doloroso ed imprevisto la cosa più difficile è accettare che sia successo veramente.
Nei momenti di debolezza vorresti chiamare le persone o La Persona e chieder loro che per favore ti ripetano che è successo davvero. Come un'onda che poco a poco si ritira e lascia dietro di se il ricordo sbiadito dell'acqua che è passata, la consapevolezza dell'accaduto poco a poco si indebolisce dentro di te, fino a dubitare perfino che sia successo veramente. Allora è quando hai bisogno di una nuova conferma, di qualcuno che guardandoti negli occhi e mettendoti una mano sulla spalla ti dica che si, caro Daniele, le cose stanno proprio così e stavolta non c'è niente che tu possa fare per cambiarle, ma solo accettare che la vita va avanti e che per quanto adesso sia difficile da pensare, i problemi sono altri e le gioie future tante.
sabato 8 novembre 2008
Casa nuova.. e di questi tempi non è affatto poco.
Vorrei rinnovarla invitandovi tutti a prendere un tè, magari un sabato pomeriggio quando il sole scalduccia la veranda e la città scorre oltre il cancello di ferro, ma visto che per molti di voi sarà obiettivamente dura, mi piace l'idea di condividere un'immagine...
..e di questi tempi non è affatto poco.
sabato 1 novembre 2008
Oda al camino
Ogni tanto mi chiedono, mi chiedo da cosa nasca l'amore per il viaggiare. Ogni tanto trovo una traccia per arrivare alla risposta.
con mi caballo
al paso al paso
sin saber
recorro
la curva del planeta,
las arenas
bordadas
por una cinta mágica
de espuma,
caminos
resguardados
por acacios, por boldos
polvorientos,
lomas, cerros hostiles,
matorrales
envueltos
por el nombre del invierno.
Ay viajero!
No vas y no regresas:
eres
en los caminos,
existes
en la niebla.
Viajero
dirigido
no a un punto, no a una cita,
sino sólo
al aroma
de la tierra,
sino sólo al invierno
en los caminos.
Por eso
lentamente
voy
cruzando el silencio
y parece
que nadie
me acompaña.
No es cierto.
Las soledades cierran
sus ojos
y sus bocas
sólo
al transitorio, al fugaz, al dormido.
Yo voy despierto.
Y
como
una nave en el mar
abre
las aguas
y seres invisibles
acuden y se apartan,
así,
detrás del aire,
se mueven
y reúnen
las invisibles vidas
de la tierra, las hojas
suspiran en la niebla,
el viento
oculta
su desdichado rostro
y llora
sobre
la punta de los pinos.
Llueve,
y cada gota cae
sobre una pequeñita
vasija de la tierra:
hay una copa de cristal que espera
cada gota de lluvia.
Andar alguna vez
sólo
por eso! Vivir
la temblorosa
pulsación del camino
con las respiraciones sumergidas
del campo en el invierno:
caminar para ser, sin otro
rumbo
que la propia vida,
y como, junto al árbol,
la multitud
del viento,
trajo zarzas, semillas,
lianas, enredaderas,
así, junto a tus pasos,
va creciendo la tierra.
Ah viajero,
no es niebla,
ni silencio,
ni muerte,
lo que viaja contigo,
sino
tú mismo con tus muchas vidas.
Así es cómo, a caballo,
cruzando
colinas y praderas,
en invierno,
una vez más me equivoqué:
creía
caminar por los caminos:
no era verdad,
porque
a través de mi alma
fui viajero
y regresé
cuando no tuve
ya secretos
para la tierra
y ella
los repetía con su idioma.
En cada hoja está mi nombre escrito.
La piedra es mi familia.
De una manera o de otra
hablamos o callamos
con la tierra.
Raccogliere
Mi piacerebbe fare una raccolta di tutte le parole che ho scritto in quest'ultimo periodo, quando in ogni momento mi annotavo sensazioni e pensieri che mi accompagnavano. E' stata un'epoca dura ma creativa, prodiga di riflessioni e gravida di venti di cambiamento ed i venti forti si sa, dopo aver soffiato a lungo, lasciano il cielo limpido.
Mi piacerebbe raccoglierle tutte insieme, queste parole, per dar loro dignità e compattezza e finalmente metterle da parte, ora che il cielo è tornato sereno, ma senza perderle troppo di vista perché un giorno potranno ritornare utili. E' vero che oramai sono passato, ma sono pur sempre complici della serenità presente e questa mi sembra una buona ragione per non perderle nell'oblio a cui è naturalmente destinata ogni epoca di inquietudine.
lunedì 27 ottobre 2008
Tanti Auguri
Avevo già citato Marlo Morgan ed il suo "E venne chiamata due cuori" in un vecchio post ed oggi questo passaggio mi ritorna prepotentemente in mente.
"Durante il viaggio ci capitò due volte di onorare con una festa il talento di qualcuno. Non c'è membro della tribù che non venga ritenuto degno di una speciale celebrazione, che però non ha nulla a che fare con l'età e il compleanno. E' semplicemente un riconoscimento della sua unicità e del suo contributo alla vita. Essi credono che il trascorrere del tempo abbia lo scopo di permettere alle persone di diventare migliori e più sagge, e di esprimere con efficacia sempre maggiore il suo essere. Così, se ora sei una persona migliore di quanto non fossi l'anno scorso, puoi annunciarlo ai tuoi compagni, e loro celebreranno i tuoi progressi. "
E' arrivato il mio momento di annunciare e celebrare.
Ho riconosciuto, attraverso un processo non breve e sicuramente doloroso, di aver vissuto un'epoca chiave della mia vita; ho capito che questi mesi negli States mi hanno cambiato. E la persona che è partita non è la stessa che è tornata. Un nuovo Daniele, più consapevole, meno individualista.
Oggi, 26 Ottobre, secondo la Vera Gente di Marlo Morgan è un giorno degno di festeggiare un compleanno...
venerdì 24 ottobre 2008
L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.
L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.
Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.
L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
è un'esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.
mercoledì 22 ottobre 2008
L'attesa
Le storie importanti non finiscono di colpo, si meritano sempre un ultimo tentativo, poi un altro ed un altro ed un altro, fino a che un giorno non capiamo che è arrivato il momento e lasciamo perdere. Ma fino ad allora la lotta ti fa sentir vivo e poi ti lascia una grande serenità addosso.
Ieri sera è stata la volta di un mio ultimo tentativo, un altro, dopo il quale mi guardava perplessa e mille cose le scorrevano in viso e poi mi ha detto "ne riparliamo domani, va bene?". Certo che va bene ... e adesso sono qui aspettando una telefonata, senza dubbio una delle telefonate più strane della mia vita, e sono agitato e curioso, ma in fondo sereno per aver capito cosa volevo ed aver voluto quelle che ho fatto, questo altro ultimo tentativo.
Sarà vero che, come dicono, nell'attesa della morte rivediamo un collage della nostra vita? Forse.. sicuramente in questa mia attesa tanti momenti sono passati a farmi compagnia...
domenica 19 ottobre 2008
Oggi
Oggi il buonumore è arrivato all'improvviso, inatteso, ed a me è tornata la voglia di fare ordine. Ho rimesso le foto di Valencia ed ho trovato queste:
Poi ho iniziato a rimettere a posto la stanza, dopo settimane dal ritorno, e nell'armadio ho trovato questa poesia
puesto que de dos modos es la vida,
la palabra es un ala del silencio,
el fuego tiene una mitad de frío.
Yo te amo para comenzar a amarte,
para recomenzar el infinito
y para no dejar de amarte nunca:
por eso no te amo todavía.
Te amo y no te amo como si tuviera
en mis manos las llaves de la dicha
y un incierto destino desdichado.
Mi amor tiene dos vidas para armarte.
Por eso te amo cuando no te amo
y por eso te amo cuando te amo.
sabato 18 ottobre 2008
Jack
Senza riuscire a trovare le parole dentro di me, mi appello alle mie muse:
"... Lucille would never understand me because I like too many things and get all confused and hung-up running from one falling star to another until I drop. This is the night, what it does to you. I had nothing to offer anybody except my own confusion"
Quando...
Domani sveglia presto per salvare il mondo, ma nonostante il sonno e la promessa di sonno, ecco una colonna sonora appropriata:
martedì 14 ottobre 2008
Scoperte
In questi giorni di sofferenza e confusione scrivo meno di quanto facevo prima, anche se so che dovrebbe essere il contrario. E’ paura di mettere giù i pensieri, è un’esasperata ricerca di chiarezza come premessa per la scrittura, invece che attraverso di essa.
Di cose per la testa invece ne ho tante: esplorando le mi debolezze, ho scoperto dettagli di me che non conoscevo. Ho percorso il mio Io lungamente, fino a trovarne i limiti. Adesso mi sento più forte o forse solo più reale.
Libertà
Qualcuno ha detto che per essere veramente liberi dobbiamo iniziare a liberarci dei nostri propri bisogni, delle paure e dei pregiudizi ...
martedì 7 ottobre 2008
Mappe
Stava lì a fissare la grande mappa del mondo che qualche anno prima aveva appeso al muro, proprio davanti al letto. Aveva scoperto di avere una curiosa passione per le mappe, un'istintiva simpatia per la geografia, tanto da essere capace di passare ore intere osservando i confini degli stati, l’intrecciarsi dei fiumi o i nomi delle capitali. Potersi svegliare la mattina e trovarsi davanti il mondo intero che lo guardava gli era sembrata una piccola conquista, anche se poco dopo averla raggiunta aveva lasciato quella casa e non aveva mai potuto goderne a pieno.
Quella sera stava cercando un angolino da esplorare, un rifugio dove ripararsi nelle prossime vacanze: pianificava di realizzare l’agognato viaggio in solitaria zaino-in-spalla che non aveva mai avuto il coraggio di intraprendere. Da quando si erano lasciati si sentiva quasi obbligato a realizzare i propri sogni nel cassetto. Alla fine - si diceva- l'aveva persa per questo, per volere inseguire le proprie chimere, perché pensava di sentire che questa era la sua strada e che provare a percorrerla fosse una tappa fondamentale della sua personale ricerca della felicità. Ora che lei non era altro che un dolce dolore, era il momento di lanciarsi, provare a saltare sempre più in alto per capire finalmente a che altezza mettere la propria asticella. Questa era una delle cose che, a caro prezzo, aveva imparato in quest'ultimo periodo in cui sentiva di esser cresciuto così tanto e così velocemente. Lo considerava l'ultimo dono che lei gli aveva fatto, forse il più importante, senza dubbio il più doloroso. Ci aveva riflettuto a lungo e ne era convinto, così come pensava di aver capito l'importanza di quella storia che era appena finita, ora come non mai, ora che era troppo tardi.
Grazie a questa sensazione di consapevolezza si sentiva sereno nella tempesta, perché sapeva essere una tempesta necessaria ed in fondo giusta, come lo sono tutte le esperienze naturalmente umane. Lei gli appariva così importante che la felicità di averla avuta quasi superava il dolore di averla persa. Era una sensazione strana, che non riusciva a spiegare e di cui probabilmente non avrebbe parlato con nessuno. Si sentiva strano in quel periodo. Poi rivolse di nuovo lo sguardo alla mappa e capì che era pronto a partire.
Quei vecchi indirizzi email che stan li a prendere polvere ..
Sottotitolo: un virus informatico può avere insospettati effetti collaterali.
L'altro giorno la mia casella di hotmail s'è presa un virus, un raffreddore informatico, ed ha iniziato a inviare email a proposito di una fantomatica società di import-export con la Cina in cui io lavorerei. Anche se la uso poco, conservo gelosamente quella casella dal 1999, e col tempo vi si sono stratificati tutti i periodi geologici della mia vita: i tempi dell'università, quelli dell'erasmus, quelli del tirocinio in Germania, etc..
Fra tutti i destinatari della mia presunta email pubblicitaria, molti erano ormai indirizzi morti (chi ha cambiato lavoro, chi indirizzo di posta), mentre altri mi hanno addirittura risposto per sapere come si sta in Cina. In tutti i casi, è stato curioso riscorrere quegli indirizzi polverosi e cercare di associare ad ognuno un contesto ed una faccia. Insospettabili effetti collaterali di un virus informatico...
giovedì 2 ottobre 2008
Miguel y su bici
En esos últimos días Miguel había estado dividido entre el placer agridulce de los recuerdos y el conforto ligero de las novedades. Le parecía vivir como en una burbuja y no sabia bien por donde salir, ni por donde intentarlo. Aquella tarde, después de una jornada que habría sido muy positiva, si sólo le hubiera importado algo de las cosas del trabajo, había decidido coger su bici y relajarse subiendo la colina detrás de casa, que tanto le hablaba de su pasado.
Miguel se llamaba así por la inmensa pasión que su padre tuvo para el ciclismo y si a ese señor le hubiese gustado tanto el fútbol, pensaba Miguel a veces, ahora él se llamaría Diego. Sin embargo, quizás por la magia de aquel nombre o quizás por la pasión trasmitida por el padre, desde pequeño tuvo un don especial: cuando la vida le agobiaba, era capaz de coger su bici y desafiar el mundo. Podía llegar a cualquier sitio, encontrando dentro de sí fuerzas que no sospechaba tener, y cuando en fin se quedaba exhausto, también los agobios habían desaparecido.
Aquella tarde Miguel salió de casa pensado dar una vuelta rápida, pero poquito a poco le ganó la idea de llegar hasta la iglesia y ver el mundo desde allí. Y fue así que empezó a subir.
Primero pasó la casa de su primera novia, la de cuando tenia 14 años, la que nunca se olvida. Era una casa grande, en la que nunca había entrado y por eso la daba cierto temor. Todavía el camino era plano y no le costó mucho superarla.
Luego llegó a la casa de su amigo del colegio, con el que nunca había ido muy de acuerdo, y por eso quiso dejarla atrás rápidamente, aunque la subida se iba haciendo más y más empinada. Ahora Miguel subía lentamente, ganándole metros a la carretera con gran esfuerzo. Todavía le empujaba el orgullo de aquel desafió a sí mismo y la curiosidad de ver que había detrás de la siguiente curva. Puede que detrás de la curva haya un tramo más llano - pensaba Miguel - donde podré descansar un poco. Fue entonces que se dio cuenta que su vida siempre había sido un poco así, una incontenible y continua curiosidad de ver que había detrás de la próxima curva, sin conformarse nunca con lo que ya tenia. Quizás por eso, pensaba Miguel, había sido incapaz de evitar el fracaso de su relación.
La ultima casa conocida que encontró fue la de esa amiga que no veía hace muchísimo, desde que ella se había mudado a vivir a otra ciudad. Entonces la subida se hizo más empinada aún y Miguel vio claramente la imposibilidad de llegar hasta la iglesia. Cuando el sol desapareció definitivamente de la vista, puso un pie a tierra y declaró su fracaso: la iglesia estaba cerca, mas demasiado lejos para poderla alcanzar en bici.
Que está pasando, – se preguntó Miguel – por qué no consigo llegar a mi meta? Fue entonces que una idea revolucionaría empezó a tomar forma en su miente y lo que parecía imposible alcanzar en bici apareció muy fácil bajando de la bici y empezando a andar. En lugar que girar la bici hacia la bajada, Miguel empezó a empujarla hacia arriba, algo que nunca habría pensado tener que hacer. Rápidamente llegó a la iglesia.
Se había hecho de noche y desde la cumbre de la colina Miguel tuvo una vista nueva de su pasado. Aquella tarde había alcanzado su meta y vencido sus agobios sin tener que contar tan solo con su bici. Se sintió más ligero y sin darse cuenta empezó la bajada en la noche fresca..
martedì 30 settembre 2008
Una storia
Si era immaginato che svuotare quella stanza dopo tre anni sarebbe stato doloroso, ma non pensava che sarebbe arrivato a tanto. O forse il dolore gli sembrava sopportabile quando se lo prefigurava, ma si rivelò molto più acuto quando lo sentì farsi largo nello stomaco. Oppure, semplicemente, non era poi così forte come pensava di essere, e quel pomeriggio fu un altro soffertissimo passo verso la scoperta dei suoi limiti, un altro momento di crescita, un’altra dura lezione per il futuro, se si fosse dimostrato capace di elaborarlo senza provare a cancellarlo.
La cosa più dolorosa fu la vista delle cose di lei ed i ricordi che suscitavano. Non tanto - e questo fu un indizio importante per una riflessione che però non riuscì a completare - per i momenti felici passati insieme, che indubbiamente erano stati tanti, quanto piuttosto per l'idea delle speranze e delle illusioni che lei poteva aver cullato iniziando quest'avventura insieme; per la sensazione, improvvisamente così reale, dei suoi sforzi e dei suoi sacrifici, la cui intensità gli suggeriva la grandezza del fallimento. Un fallimento di cui lui era, o almeno in quel pomeriggio si sentiva di essere, fortemente responsabile. Sapeva, infatti, che gli sforzi ed i sacrifici c’erano stati da entrambe le parti, era razionalmente consapevole di ciò, eppure lo opprimeva la sensazione di responsabilità.
Davanti alle pareti ormai sguarnite della stanza, si immaginava fin nei dettagli le emozioni che lei aveva provato andandosene da quella casa, concretizzandole, materializzandole e ingigantendole, creando un dramma che probabilmente non era stato tanto intenso nemmeno per lei. O almeno così sperava. Si domandava, infine esausto, se dietro tutti questi pensieri si nascondesse la sua voglia di tornare da lei e dirle che aveva sbagliato o se, al contrario, era proprio questa sensazione di colpevolezza, questa tendenza all'auto accusa, una delle ragioni che avevano portato a questa situazione, spingendolo in passato a fare cose che, pur non volendo, si sentiva obbligato a fare.
Stava seduto sulla poltrona sotto la finestra, coperta frettolosamente da un vecchio lenzuolo pieno di nuvole, in una camera ormai semivuota, e si faceva queste domande, cercando di far passare il nodo che gli si era stretto intorno allo stomaco alla vista di tutti quegli oggetti. Che tristezza – pensava - la fine di una convivenza; che dolore riporre il passato comune nelle scatole di cartone ed allo stesso tempo riviverlo. Era una di quelle esperienze che non bisognerebbe vivere mai - pensava - ma era, in fondo, il riconoscimento dell'importanza della scelta di iniziare, che magari nella quotidianità dell'atto era passata sottotraccia.
Quel maledetto pomeriggio sentiva tutto il peso di chiudere una fase della vita non per andare avanti, come sarebbe stato naturale, ma per tornare indietro. Sentiva la fragilità della natura umana davanti al dolore, davanti alla realtà. Sentiva, quel maledetto pomeriggio, la chiara sensazione di essersi in fondo sbagliati. Lui questo passaggio se l’era perso, assorbito nei suoi progetti e concentrato su altri problemi, ma adesso lo viveva prepotentemente e si chiedeva se anche lei lo avesse vissuto, quando e come...
domenica 21 settembre 2008
Reinventarsi
Torno a scrivere dopo un pò di giorni passati fondamentalmente a lottare contro le inquietudini del ritorno. Strano effetto doversi reinventare, anche se dopo soli sei mesi.
Da una parte ritrovo gli animali del mio personale zoo, questi giovani adulti alle prese con un paese in cui diventare grandi non significa guadagnare stabilità. Finita l'università, fatti i dottorati del caso ma senza la prospettiva di un lavoro fisso e con i prezzi delle case alle stelle, ognuno continua a inseguire la propria chimera e tutto è precario. Che differenza con gli States..
Dall'altra tutto è così lento, così uguale a prima. Firenze è una città in cui da conservatori del proprio patrimonio artistico e della propria storia, i cittadini sono diventati conservatori e basta. Nulla si crea, nulla si distrugge ma nulla si trasforma. Ed io che devo fare ? - mi ripeto spesso. Per ora persisto, come un gregario in salita, ma a volte mi piacerebbe essere più impulsivo..
venerdì 12 settembre 2008
Letture consigliate
Sul blog di Metello ho trovato questo dettagliatissimo post sul (nostro) viaggio al Grand Canyon. E poi per chi ha ancora voglia di leggere anche quest'altro.. aggiungo due foto, mescolo il tutto ed il gioco è fatto ..
giovedì 11 settembre 2008
Volevo
Volevo scrivere uno di quei bei post che si scrivono alla fine di un'esperienza intensa
Volevo fare la lista di quello che mi mancherà di questo paese
Volevo tirare le somme
Volevo parlare di quanto mi sento cresciuto
Volevo ricordare i momenti belli e quelli brutti
Volevo raccontare tutte le differenze culturali che si scoprono vivendo sei mesi negli Stati Uniti
Volevo, e forse voglio ancora, ma all’improvviso mi sento incapace di librarmi al di sopra delle emozioni del momento e scrivere. Proprio non ce la faccio. E se un giorno mi dispiacerò di non aver scritto quel post, mi consolerà pensare a tutto quello che volevo fare ...
giovedì 4 settembre 2008
Mercoledì 10 Settembre, 12:50 ..
.. sarò di nuovo in Italia, questa volta per restarci (almeno un pò). Meno di una settimana ormai e saluterò la città dei cowboys. Punto. Fa un pò effetto ...
mercoledì 3 settembre 2008
Riflessioni varie
Il canyon col maltempo è una merda. Evitate se potete.
Viaggiare costa, costa senz'altro più che stare a casa in salotto. Ma si può anche viaggiare spendendo poco, se è lo spirito del viaggio che ci interessa e non le comodità. In questi tre giorni abbiamo dormito con una media di13$ a testa notte. Ed il viaggio non è stato per questo peggiore (anzi).
A proposito di comodità, è facile farsi prendere la mano, ma le cose veramente necessarie sono molto poche. Lavarsi i denti nel bagno del visitor center si può..
Al ritorno siamo atterrati poco prima che arrivasse Gustav. Giusto un'ora, c'han detto in aereo. Le nuvole in lontananza erano scure come le facce delle persone a bordo. Negli ultimi trenta minuti di volo c'era un gran silenzio a bordo. Nessuno credeva fino in fondo alla storia del "giusto un'ora prima". Ed invece solo qualche scossone durante la discesa, ma gli ultimi kilometri il cielo era sgombro. A Houston però aveva piovuto.
Il batter d'ali dei falchi che ci sorvolano
Il silenzio del canyon, appena si scendono i primi cinquanta metri e spariscono i turisti, è impressionante: ci sediamo ad ascoltare il batter d'ali dei falchi che ci sorvolano. La grandezza della natura rispetto alla realtà degli uomini.
venerdì 29 agosto 2008
La statistica
Avete mai pensato a quanto è statisticamente improbabile nascere esattamente nel luogo in cui si vuole vivere?
Il concetto di "sentirsi a casa" trascende i confini spaziali, è piuttosto una questione di emozioni che condividiamo con certe persone. A volte capita di sentirsi molto più in sintonia con qualcuno a cui magari è capitato di vivere dall'altra parte del mondo ma vibra per le nostre stesse inquietudini, insegue la nostra stessa chimera. Allora condividere anche solo un pò di tempo ci fa sentire terribilmente a casa, al sicuro, protetti da tutto quello che c'è la fuori.
Ed allora, in fondo al mondo ci un sacco di posti, come si fa a pensare di nascere proprio nel luogo più adatto a noi? Qualcuno magari ha avuto questa fortuna, molti altri semplicemente si sforzano di convincersi che sia così, come avere in mano un biglietto della lotteria e non voler controllare i risultati per non dover smettere di pensare di aver vinto.
Fino a qualche tempo fa, ero deciso a viaggiare il più possibile, per poi decidere dove vivere. Pensavo alla statistica ed ero convinto che più posti si vedono, più probabilità si hanno di trovare quello giusto. Un pensiero un pò radicale, lo ammetto, e difficile da sostenere alla lunga. Oggi mi rendo conto che l'influenza della società che mi circonda l'ha un pò affievolito ma come mi diceva oggi una persona di quelle che mi fanno sentire a casa: "si può stare un pò tranquilli, poi l'inquietudine sale e inizia il pensiero fisso. E' curiosità, bisogno di mettersi in gioco..."
martedì 26 agosto 2008
Rimango..ma..
Rimango antimilitarista, ma salendo a bordo della portaerei Midway, oggi un pò patetico museo ancorato nel porto di San Diego, in questa calda mattina di fine viaggio, mi sono immedesimato in uno dei quattromilacinquecento marinai che lasciavano tutto per rinchiudersi in questa scatola galleggiante. Dura la vita a bordo, incerto il futuro. Doveva servire, mi immagino, tanta convinzione o forse l'assenza di una prospettiva migliore..
You ask me why I live in the grey hills
I smile but do not answer, for my thoughts are elsewhere.
Like peach petals carried by the stream, they have gone
To other climates, to countries
Other than the world of men.
domenica 24 agosto 2008
Verde speranza
La prima volta che vedo l'autobus verde, che tanto familiare mi diventerà nel corso di questi tre giorni, sto camminando a passo veloce lungo i marciapiedi di San Francisco, due zaini in spalla, preoccupato dall'idea di essere in ritardo e trovare trentacinque persone che aspettano proprio me.
Poi arrivo all'appuntamento e non succede niente. Ognuno come preso da una differente attività, nessuno sembra avere fretta.
Il gruppo è eterogeneo, ci sono due diciassettenni francesi nella fase rockettara ma anche una famiglia americana atipica, di quelle che pensi che da grande vorresti essere proprio così (rispetto, libertà, semplicità nei rapporti umani ed una luce di intelligenza negli occhi). Qualche spirito libero - un ingegnere che ha appena mollato il lavoro e s'è preso una pausa di riflessione - qualcuno che vuole sembrarlo. E via così ..
Ci vuole un pò di tempo per affiatarsi con questi estranei così intimi, ma il tempo è compatto ed alla fine, quando ognuno riprenderà la propria strada, sicuramente dispiacerà salutarsi. Si creano rapporti semplici ed immediati, come quando non ci sente giudicati.
Il telefono funziona, dopo giorni di isolamento in valle, all'Apple Store c'è una wireless da cui collegarsi a internet, palazzi intorno. Cerco la stazione della metro. La gente che mi circonda vive vite urbane e si preoccupa per un ritardo o una macchia sulla camicia. Soprattutto fa effetto non vedere più quelle facce estranee ma ormai così familiari..
Tre giorni di ritorno alle origini, fatti di diversità, confronto e scoperte. Semplicità.
sabato 23 agosto 2008
San Francisco, atto III
Lunedi mattina la citta è diversa, riflette l'ordine di una giornata lavorativa. Fa meno freddo e non piove. Mentre aspetto l'autobus riesco a collegarmi a internet e leggere la posta. Credo che sia la citta con più reti wireless per abitante al mondo.
Visito Chinatown in una giornata grigia che non preannuncia foto particolarmente belle. Ma più che la immagini vorrei poter trattenere i mille odori che si mescolano nell'aria. Mi aggrego alla visita guidata della City Guide. Il capo gruppo è un cinese di una cinquantina d'anni con un senso dell'umorismo tutto occidentale. Per pranzo invece mi affido ai consigli della Lonely Planet e finisco in un ristorante cinese (ovviamente) con più occidentali che orientali. Le guide turistiche riescono a cambiare il mondo.. (cibo ottimo pero, la fama è meritata).
Alle cinque sono stanco e devo ancora digerire il pranzo. Un dispettoso sole ha deciso di splendere proprio adesso, quando ormai ho percorso i 24 isolati di Chinatown in lungo ed in largo, nella speranza che un raggio improvviso mi regalasse l'opportunita di un bello scatto. E invece niente fino ad adesso. Provo a salire su un bus in direzione del centro culturale di Yerba Buena, ma tutte le volte che ne arriva uno sembra l'assalto alla diligenza. Dubito che quei signori penzoloni dalla porta posteriore abbiano pagato il biglietto, ma questa e un'altra storia. Non mi resta che percorrere a piedi Stockton St., passare il tunnel e raggiungere Union Square. Il cielo e' ancora sereno e un'idea rivoluzionaria inizia a maturare. Ma chi se ne frega del centro culturale? Il museo di arte moderna l'ho visto stamani (e non era neanche eccezionale) ed anche se mi perdo qualcosa, pazienza. E poi tanto nessuno lo verra' a sapere.
Mi sdraio su un'aiuola della piazza con un fido cafe mocha al mio fianco e mi metto ad osservate la vita che scorre. C'è un gruppetto di bulletti adolescenti che invece dei motorini cavalcano le bici da corsa. Quando se ne vanno apro il libro e mi godo questa piccola rivoluzione. Chi l'ha detto che non si possa scoprire una citta stando sdraiati su un'aiula?
Quando mi alzo ormai è ora di andare a prendere l'autobus e cominciare l'avventura Yosemite con la Green Tortoise. Percorro ancora Market St. che ormai mi è familiare come Piazza Duomo a Firenze. Passo davanti al Four Season hotel coi pinguini vestiti da uscieri e sorrido per la situazione. Non che sia habitué del Four Season ma per lavoro m'è capitato spesso di alloggiare in hotel ti questo tipo, coi pinguini fuori. E mi ci son sempre trovato a mio agio. Così come ora mi sento a mio agio a passarci davanti zaino in spalla, diretto a prendere l'autobus verde. Guardo i pinguini e sorrido. Si può diventare grandi senza pero' rassegnarsi a invecchiare..
martedì 19 agosto 2008
San Francisco, atto II
Torno da caffeine a far colazione. Posto simpatico gestito da una coppia di ragazze asiatiche, riunisce una summa dei personaggi del quartiere, giovani e meno giovani. Uno di quei posti dove ci si sente a proprio agio come nel salotto di casa.
Ordino un espresso, una fetta della torta che avevo adocchiato ieri (credo che sia proprio LA STESSA torta..) e mi siedo sul divanetto a sfogliare il New York Times. L'articolo in prima pagina nella sezione viaggi è Spain's wild coast, costa brava. E giù un una serie di foto di Cadaques. E' un mondo decisamente globale..
Prendo l'autobus per la North Beach. Era veramente tanto tempo che non salivo su un autobus e mi colpisce immediatamente la varietà di persone che si incontrano ed il contatto, l'interazione che naturalmente si crea.
All'angolo fra Columbus e Jack Kerouac Alley c'è la libreria City Lights, ritrovo della beat generation. Entro e salgo al primo piano, nella poetry room, dove in uno scaffale su cui campeggia il cartello beat generation sono stati raccolti tanti libri importanti. Ma Garcia Lorca era un poeta beat? No, decisamente no, ma qualche suggestione commerciale si può, in fondo, tollerare..
Scorrendo fra i titoli ritrovo alcuni dei miei libri preferiti, di quelli che suscitano un'emozione o uno stato d'animo; li prendo in mano ed inizio a sfogliargli. Un giorno dovrei decidermi a ricercarli in casa e raccoglierli tutti insieme, in un luogo riparato dall'apatia del quotidiano.
Mi rimetto in marcia verso il Fisherman's Wharf, dove noleggio una bici con cui attraversare il Golden Gate. Lunga la strada incontro gente di ogni tipo e questa mi sembra l'essenza di un posto come questo, dove ognuno ha diritto di sentirsi adeguato perché nessuno in fondo è normale.
La sera vedo Barack Obama.
Non è un'apparizione ma un frammento di volto che schizza veloce nell'auto in corsa per le discese della città, preannunciato da uno stuolo di poliziotti e una grande agitazione.
lunedì 18 agosto 2008
San Francisco, atto I
Mi alzo ad un'ora che sembra uno scherzo e mi metto in cammino per l'aeroporto, scorrendo veloce lungo le strade notturne, incrociando ora gente che parte, ora gente che torna a casa. Mi viene in mente la canzone di Jovanotti e mi sembra un bel modo di iniziare il viaggio.
La città mi rivela la sua intimità notturna. L'aria e' quasi fresca, la notte a Houston e' l'altra meta della storia, quella che pochi conoscono. Anche il grande aeroporto internazionale sonnecchia, ma efficientemente.
L'aereo per Phoenix e' di quelli piccoli, dove la gente sembra conoscersi per nome. Finisco accanto ad un russo un po' in ritardo sulle tendenze in fatto di abbigliamento. Sfidando il tempo che passa, lui sfoggia una camicia hawaiana anni ottanta. Appena dopo il decollo le luci si abbassano e l'areo sprofonda nel sonno.
Arrivo a Phoenix che sono di nuovo le sei del mattino e sono circondato da persone diverse ma con le stesse facce assonnate. Scherzi di un paese con troppi fusorari.
Viaggiando da soli ci dobbiamo sforzare di essere piu' recettivi ed aperti; si aprono i sensi e si percepisce in maniera molto più profonda l'ambiente che ci circonda. Si incontra molta più gente anche. Si viaggia, fra la gente. Sono le persone le vere scoperte.
Appena in aeroporto noto una ragazza che volava sul mio stesso volo, anche lei in viaggio da sola e con uno zaino da viaggio del mio stesso colore. Ti riconosci subito, viaggiatori in mezzo alla gente, e la simpatia scatta spontanea. Scambiamo racconti, impressioni e programmi di viaggio.
Poco più tardi incrocio anche con una coppia di italiani. Ci troviamo a condividere il dramma di comprare i biglietti della metro, qualche parola e poi li vedo scomparire all'orizzonte con i loro tre valigioni verdi fosforescenti, che ovviamente porta solo lui, mentre a lei tocca una borsetta..
San Francisco mi accoglie con la nebbia, un bel freschino da Novembre fiorentino ed una valanga di italiani per le strade.
Mi colpiscono ancora le persone, in questa prima tappa di un viaggio che ormai sembra essere sopratutto umano.
Dopo poco, vicino ad Union Square, incontro due ragazzi di Firenze che conosco (tanto incredibile da sembrare normale). E poi al mercato dei prodotti agricoli Jorge, che mi avvicina mentre faccio foto alla sua bancarella e mi chiede di mandargli le foto. Mi ha scambiato per un fotografo professionista e la cosa mi lusinga, ovviamente.
Per cena scelgo il ristorante tailandese "vicino casa". La cucina thai mi piace e porta con se bei ricordi, ci dovrei andare più spesso.
sabato 16 agosto 2008
Stile messicano
Proprio prima di partire el maya ci invita a casa sua per una cena "stile messicano".
Serata molto piacevole, arricchita dall'emozione di entrare nell'intimità di una persona che avevo sempre frequentato in altri contesti; infine conoscerne la famiglia e lo stile di vita.
La sorpresa è stata la cena. Uomini a tavola e donne a mangiare in cucina. Stile messicano?
mercoledì 13 agosto 2008
Citazioni opportune
M'è capitata sotto gli occhi apparentemente per caso:
"La prima volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che io e mia moglie ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prenderò la briga di parlare, sennonché ebbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto. Con l'arrivo di Dean Moriartry ebbe inizio quella parte della mia vita che si potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada. Prima di allora avevo sempre sognato di andare nel West per vedere il continente, sempre facendo piani vaghi e senza mai partire. Dean è il tipo perfetto per un viaggio perché nacque letteralmente sulla strada, quando i suoi genitori passarono da Salt Lake City, nel 1926, in un vecchio macinino, diretti a Los Angeles."
lunedì 11 agosto 2008
Il futuro è scritto..
..e questa volta ne sono contento.
Oggi ho finito l'organizzazione del viaggio: spulciate le guide, letti i racconti su internet, presi i biglietti, trovati gli ostelli, individuati i don't-miss sights e infine scelto il libro da portare con me. Sono pronto per indossare lo zaino, viaggiare verso ovest e scoprire a California.
La parte più difficile è stata la selezione delle mete, in modo che l'equazione giorni disponibili/posti da visitare avesse una soluzione nel mondo reale. Ancora una volta la Lonely Planet mi ha un pò deluso: gli autori si intestardiscono nel volere trovare qualcosa di positivo in ogni località, mai una critica, il che è lodevole, ma non aiuta a farsi un'idea di cosa valga veramente la pena vedere.
Internet molto meglio, quest' articolo per esempio è stato illuminante, un colpo di fulmine. Ho subito chiamato la tartaruga verde per prenotare un posto per la gita-hippie a Yosemite: tre giorni in autobus, pasti in comune e notti sotto le stelle. Prima e dopo Yosemite, San Francisco e San Diego. Scarpe buone, zaino in spalla e macchina fotografica in pugno.
Tutto pronto. Devo solo aspettare che questa settimana di lavoro finisca...
domenica 3 agosto 2008
Qualcosa si muove..
Sabato sono stato alla White Linen Night in the Heights. Ecco alcune immagini da una Houston decisamente controcorrente:
Oggi ho venduto la moto..
.. ed è stata un'occasione per riflettere sul significato degli oggetti che ci circondano o ci appartengono.
Alcuni oggetti sono oggetti, nel senso di soggetti inanimati, cose. Altri hanno un significato più profondo, rappresentano un'idea, ci accompagnano nel nostro personale viaggio verso la felicità, ed in questi casi costa separsene, perchè con essi se ne va un pezzo di noi. E si chiude un'epoca.
Ma è giusto così, guardare avanti, fare spazio perchè nuove emozioni possano occuparlo..
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un'automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un'automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.
Porkopolis
“Between the late 1820's and mid 1830s, Cincinnati’s easy access to river transport and farmland facilitated the city’s development as the United States’ chief pork processing center. With pigs transported off ships and herded in the streets, the name Porkopolis became commonplace during the late 1820's. Although the pork packing industry was a source of financial wealth, the images of pigs wandering the streets at times caused embarrassment for the local area..”
Maiali a parte, ecco cosa si può scoprire in tre giorni a Cincinnati:
- Il quartiere un pò bohemien di Mt. Adams.
- I ponti ferro, fra il moderno e l’ottocentesco.
- Newport, il nuovo complesso dedicato ai divertimenti, con tanto di autentica birreria bavarese (anche se il menù si è poco a poco trasformato e adesso include, ad esempio, i “Chicken Fingers German Style” che dubito si trovino in Baviera..)
- I locali si dilettano in un gioco a squadre chiamato “Cornhole”, dimostrando la loro abilità nel tirare piccoli sacchetti pieni di mais. E lo prendono molto, molto sul serio.
Insomma, più giri qui negli States e più ti rendi conto della fortuna che abbiamo noi europei..
venerdì 1 agosto 2008
Prendere e partire
Organizzare un viaggio è quasi bello quanto viverlo.
Ieri sera mi sono seduto a bordo vasca e, fra gli schizzi dei pargoli che si tuffavano e gli schiamazzi dei genitori che li incitavano, ho cominciato a leggere storie e racconti sui luoghi che visiterò nel mio agognato prossimo viaggio in solitaria. Fra conferme e sorprese, è stato un pò come essere lì. La salivazione è iniziata ad aumentare, il battito cardiaco è salito ed ho iniziato ad avere visioni di luoghi magici popolati da animali mitologici. Come questo:
Direi che sono pronto a partire..
mercoledì 30 luglio 2008
Cincinnati. Ovvero avrei voluto ma poi..
Continuando la mia storia d'amore con aeroporti, aerei e mezzi di trasporto in generale, stasera sono sbarcato a Cincinnati. Sono qui per un corso di tre giorni che si prospetta interessante ma la curiosità è soprattutto per la città in cui sarei dovuto venire, prima che una tempesta aziendale d’alta quota mi scaraventasse verso il Texas.
C’avrò guadagnato? C’avrò perso? Mah .. como spesso accade, i commenti di chi c’è stato sono stati equamente divisi fra positivi e negativi, annullandosi a vicenda. Il che mi lascia la piacevole liberta di farmi la mia idea senza pregiudizi.
Vediamo .. intanto stasera è andato in scena il seguente esaltante programma: arrivo all'aeroporto internazionale di Cincinnati, macchina a noleggio ed autostrada fino all'Hilton del caso. Come dire che potrei essere in una qualsiasi altra città del mondo e non mi accorgerei della differenza. Domani speriamo di migliorare.
sabato 26 luglio 2008
vecchio video
Scena uno:
classico sabato mattina in Texas, caldo torrido fuori dalla finestra ed i drinks di ieri sera che ti rimbombano nella testa. Libri e computer sul tavolo di salotto, la televisione si ostina a mostrare immagini a ripetizione, nonostante tu l'abbia condannata al silenzio con la potenza del telecomando.
Scena due:
navighi su internet un pò a caso, avevi qualcosa di serio da fare ma al momento non ti ricordi esattamente cos'era
Scena tre:
t'imbatti in un vecchio video che vale sempre la pena rivedere
TGIF
Immagini da un duro venerdì pomeriggio di lavoro:
Si scrive team building activity e si traduce una delle ragioni per cui gli americani, a lavoro, si divertono più di noi ...
giovedì 24 luglio 2008
A cosa serve la filosofia
La filosofia serve a vivere meglio.
Se il primo ministro del tuo paese si fa approvare una legge che gli garantisce l'impunità, un pò di filosofia serve a vivere meglio.. se il campione della tua squadra del cuore decide che vuole guadagnare almeno il doppio e quindi se ne va in un'altra squadra, un pò di filosofia serve a vivere meglio.. se ti devi muovere in aereo, un pò di filosofia serve sicuramente ma potrebbe non bastare. Ci vuole anche una bella dose di fortuna ..
Ebbene si, nonostante slogan accattivanti e manifesti coloratissimi, viaggiare in aereo conserva il sapore della sfida ed una parte dell'incertezza dei primi tempi.
Questa è la storia di oggi.
Un ragazzo che conosco, diciamo che si chiama Daniele, deve spostarsi da una città A ad una città B, passando per la città C. Alle 5:30 della mattina si presenta in aeroporto per fare il check in con una nota ed efficientissima compagnia aerea tedesca, ma scopre che il suo volo è stato cancellato causa sciopero. L'efficiente compagnia lo ricolloca su un altro aereo, dalla città A alla città D, da cui poi prendere una coincidenza per la città E e quindi un terzo volo, con un'altra compagnia, per l'agognata città B.
Il gioco riesce e procede senza intoppi fino al punto E, dove Daniele non riesce ad imbarcarsi sull'aereo per la città B, perchè l'aereo precedente arriva troppo tardi (e gli addetti alla sicurezza sono troppo zelanti). Poi scopre che l'aereo era pure fully booked, e quindi non ci sarebbe salito lo stesso. Per fortuna gli viene detto che c'è un altro aereo dopo sole 4 ore, cioè dopo 19 ore da quando si era presentato speranzoso al primo aeroporto, aereo che - piccolo dettaglio - è strapieno ed ha pure 12 persone in overbooking: ecco l'emozione della lista di attesa. Con un pò di fortuna.. Visto che 4 ore sono lunghe Daniele decide di passarne 2 fra i vari customer service center, facendo "amicizia" con hostess e capitani delle due linee aeree (che intanto giocano a scaricabarile).
Alla fine strappa la promessa di un posto sull'aereo delle 17.20 che intanto, per somma di sfortune, subisce un ritardo di 3 ore, causa maltempo da qualche parte nel mondo e l'aereo.
Alla fine l'aereo parte in perfetto orario sul ritardo. Arrivo a destinazione: 22:30 ora locale, cioè 24 ore esatte dall'arrivo al primo aeroporto.. più che ad ogni altra cosa, un pò di filosofia serve a viaggiare senza avere una crisi nervosa..
sabato 19 luglio 2008
Piccoli segnali
Stamani pensavo alle piccole cose che ti sorprendi a fare e che fanno capire che ti stai abituando alla vita nel paese degli hamburgers. E me ne sono venute in mente diverse..
1 - Pagare con carta di credito qualsiasi acquisto, anche di pochi dollari
2 - Stupirsi quando un negozio non accetta carta di credito
3 - Associare Starbucks al concetto "oggi mi va un buon caffè"
4 - Accendere l'auto prima di salire, per far partire l'aria condizionata (questa mi ricorda un post di nonsisamai)
5 - Cercare su GoogleMap/Mapquest ogni posto un cui devi andare
6 - Restituire un oggetto che hai appena comprato, semplicemente perchè non ti piace più
7 - Portarsi a casa il cibo avanzato al ristorante, anche quando dubiti seriamente che lo mangerai
8 - Chiamare iPod ogni lettore mp3
Ve ne vengono in mente altre?
mercoledì 16 luglio 2008
Trentacinque giorni dopo,
dopo una settimana in Italia, dopo aver ricevuto due piacevolissime visite, dopo un weekend a New York, dopo un 4 di Luglio, dopo un viaggio di lavoro nel Texas di frontiera, ecco finalmente una bellissima serata a casa da solo, una di quelle di cui si sente veramente il bisogno. Bisogno di musica, libri e computer. E tranquillità. Unico programma, non avere programmi. Se non godermi la buona compagnia. Manca solo il venticello delle sere d'estate, ma per quello c'è l'aria condizionata (niente è perfetto).
E alle dieci Larry King intervista Obama. Hey man, sounds like a plan!
lunedì 14 luglio 2008
Frontiere
Le città di frontiera hanno un qualcosa che le accomuna, un viaggiatore distratto potrebbe perfino pensare che in fondo siano tutte simili fra loro.
Ogni persona che incontri sembra essere lì di passaggio, anche se non lì per caso. I negozi, gli alberghi, i bar offrono ristoro ad una clientela sfuggente, persone che sono in città col preciso scopo - o forse l'aspirazione, o forse solo il sogno - di passare la frontiera. C'è un senso di precarietà per le strade. La vita è segnata da una presenza invisibile e costante, quella linea invisibile, sia sotto forma di muro, di fiume o di semplice rete.
Ma c'è una frontiera che più di altre ha un significato simbolico, di divisione fra mondi, fra la promessa della felicità e lo spettro della povertà: sono i 3140 km che separano il Messico dal suo ingombrante vicino statunitense.
Oggi pomeriggio, per le strade afose e deserte di una domenica di Luglio a Laredo, mi vengono in mente le parole del bellissimo libro di Maruja Torres, "Amor America. Un viaggio sentimentale in America latina":
Dalla finestra dell'albergo, a Laredo, Texas, sulla sponda sicura della vita, spio i mulinelli sulla superficie del Rio Bravo e conto le piccole macchie nere che punteggiano la sue rive melmose. Sono i pneumatici di camion a cui si aggrappano - guidati da un esperto, un trafficante di uomini, un coyote - quelli che tentano di oltrepassare la frontiera fluviale che li separa da un futuro immaginato migliore. Di fronte c'è il Messico. [..]
Li ho visti fuggire, per ricomparire poco dopo e provarci di nuovo, perchè entrare negli Stati Uniti rappresenta per molti la loro unica ragione di vita. Quelli che superano il filtro e riescono a raggiungere questa frontiera - ce ne sono altre ancor più battute, come quella di Tijuana - adesso sono lì, che sguazzano aggrappati ad una camera d'aria, o aspettano l'opportunità di farlo, nascosti tra i cespugli, con lo sguardo puntato da questa parte. Mi chiedo cosa vedano.
Il paradiso è questa sponda opposta, una teoria di edifici asettici e vetrine opulente. Ci sono grattacieli, fast food e chiese protestanti, con le loro guglie candide che si confondono tra loro verso il tramonto. Non c'è l'odore di tacos né di enchilada, l'aria non sa di piccante o di cipolla e, alle otto, tutti sono già andati a letto, eccetto quelli che attraversano la frontiera in senso inverso, per approfittare, nelle bische di Nuevo Laredo, in Messico, di tutto ciò che i costumi di queste parti non vedono di buon occhio.
Laredo, come l'ho vista io oggi, percorrendo le strade deserte insieme a heymanwassup, appariva più o meno così:
Ma la calma aria estiva non mascherava completamente la sensazione di urgenza di chi, dall'altra parte del fiume, aspettava l'occasione buona per attraversare la frontiera.